Riflessione: Sulla Noia

La noia, questo sentimento ancestrale, sempre fuggito dagli uomini in ogni modo 
possibile, come una brutta malattia da curare subito. Insopportabile. Effettivamente 
è uno stato dell’essere di inquietudine, profondo, che cela dietro la sua azione 
sull’uomo qualcosa di misterioso, accessibile da pochi, perché appunto da pochi 
indagabile. 
Questo stato è caratterizzato dal non fare nulla, o dal non fare qualcosa di 
stimolante od eccitante, quindi la noia è una reazione invisibile avversa al presente, 
avversa alle cose così come sono in quel momento, ci dice di fare qualcosa, di 
cambiare e muoverci verso qualcos’altro perché lì proprio no, quello stato è 
insopportabile. Quindi possiamo dire che la noia è uno stimolante e può volgere in 
modo distruttivo o costruttivo, in base ai modelli di azione con cui ogni essere 
umano reagisce.
Ma se non reagissimo alla noia? Cosa succederebbe se affrontassimo impassibili la 
noia giorno dopo giorno, per scoprirne i suoi significati più reconditi? Ad una prima 
analisi potrebbe sembrare un meccanismo vitale, anzi potremmo dire proprio ciò 
che muove verso, che crea, che ripete la vita in quanto azione. Non è proprio la noia 
a fare questo, la noia è come un campanello che avvisa che c’è qualcosa fuori dalla 
porta che deve entrare, e questo qualcosa è appunto la sete di vita che ci dice “esci 
di casa! non rimanere fermo ad indagare il mistero, altrimenti io cesso”. Non è 
qualcosa di razionale che possiamo porre sotto il nostro controllo cosciente, è una 
forza impulsiva difficilmente dominabile, essa ci muove in modo invisibile verso ciò
che ci piace e ci allontana da ciò che non ci piace. Solo un’intento più forte 
dell’abitudine a ripetere può dominarla ed indagarla a fondo, solo un distacco 
dall’identificazione con la noia ci permette di scoprirla. 
Ma ora mi chiedo: chi è identificato con la noia? Chi è colui che prova ed esperisce la 
noia? Potremmo definirlo convenzionalmente Ego o me stesso, cioè la somma delle 
impressioni e delle esperienze SUBITE nel corso della vita, e poi elaborate tramite gli 
strumenti che il mondo fornisce per interpretarle, facendo riferimento ad una base 
che è il corpo con il quale ci muoviamo nel mondo. Dunque possiamo teorizzare che 
il me stesso è il mix di queste forze: impressioni, elaborazione, biologia.
Scopriamo così che la noia è la nostra noia, qualcosa di relativo a noi e che noi 
viviamo in modo soggettivo e diverso da tutti gli altri esseri umani. E scopriamo 
essere questa un’infinita composizione di fatti ed esperienze umane.
Possiamo poi traslare questa riflessione ad ogni stato dell’essere, e vedere come
ognuno sia relativo alla situazione presente quale risultante di una somma di fatti
passati. Ecco quindi che siamo qui ad esperire un’identità, che però fraintendiamo
vivendola come qualcosa di assolutamente nostro, alla quale siamo attaccati come
un neonato alla mammella della madre, e per la quale combattiamo, litighiamo,
come farebbe un cane con il suo osso.
Evidenziato ciò possiamo dedurre come sia fallace questo modo di esperire
l’identità, chiuso, costrittivo, ridotto al retaggio del mondo, o di un’ideologia. E non
sto parlando di quali altre identità possiamo esperire per vivere più felici, ma di
come possiamo vivere gli stati che il presente ci offre in modo oggettivo,
consapevoli di ciò che si è e di ciò che si fa, e soprattutto del perché lo si fa. Non
abbiamo troppe possibilità di scelta sull’esperienza che possiamo vivere, data
l’imprevedibilità del momento prossimo a questo, dell’incertezza di ogni istante, ma
possiamo scegliere COME viverlo, e questa è una scelta che dipende solo da noi e
che ci caratterizza in un modo particolare, differenziandoci da tutti gli altri esseri
umani. Questa scelta è la nostra originalità. In questa scelta scopriamo noi stessi, la
nostra natura intima, la nostra libertà.

-Nikòlaos 

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