Les poètes maudits
Ci sono vari modi per chiamarli: “poeti simbolisti”, “poeti maledetti”, “poeti dall’inferno”, “bohémiens”... Qualunque etichetta si scelga, l’importante è ricordare il loro pathos, tutta quella passione sempre unita alla sofferenza che li struggeva e li portava verso l’alto o di nuovo verso l’abisso...
Presenza e assenzio
Charles Baudelaire (1821-1867), Arthur Rimbaud (1854-1891), Paul Verlaine (1844-1896) e Stéphane Mallarmé (1842-1898) sono i nomi più noti di questo gruppo di poeti francesi che raccontavano il dolore più profondo, o spleen, e la loro aspirazione verso l’idéal, una quasi sempre illusoria condizione di pace assoluta raggiungibile solitamente con l’assenzio. Vediamo più da vicino i primi tre.
Charles Baudelaire
La ribellione nei confronti dell’autorità in generale, e in particolare di quella del patrigno, il generale Aupick, la partecipazione alle barricate di Parigi prima che Haussmann fosse incaricato di spianare e costruire i grandi boulevards, la passione (anche) per l’esotico, lo stare nel qui e ora, l’arte e la poesia sono stati gli ingredienti della vita di Charles Baudelaire.
Nato a Parigi il 9 aprile 1821, Baudelaire non ricevette mai l’intero patrimonio del padre, morto quando il poeta aveva sei anni, perché la madre aveva fatto nominare un curatore che gli centellinasse le entrate, sapendo che altrimenti il figlio avrebbe sperperato il patrimonio di famiglia. Fu poeta, traduttore dall’inglese e critico d’arte, ma spendeva i pochi soldi che aveva nelle droghe, nell’assenzio, per le donne... A proposito: una donna sola riuscì a tenergli testa per diversi anni, Jeanne Duval, una mulatta nota al tempo per la sua bellezza e per la sua straordinaria storia e cultura. I due amanti si presero e si lasciarono diverse volte, proprio per il reciproco carattere estremamente passionale e volubile.
Il fulcro della vita di Baudelaire e degli altri poeti bohémiens fu la ricerca dei simboli, da cui il termine “simbolismo” per caratterizzare la loro corrente. Come si legge nella più famosa poesia di Baudelaire, Correspondances, in italiano Corrispondenze, che è la poesia-manifesto del simbolismo, un sonetto in versi alessandrini:
Corrispondenze
La Natura è un tempio dove incerte parole
mormorano pilastri che sono vivi,
una foresta di simboli che l’uomo
attraversa nel raggio dei loro sguardi familiari.
Come echi che a lungo e da lontano
tendono a un’unità profonda e buia
grande come le tenebre o la luce
i suoni rispondono ai colori, i colori ai profumi.
Profumi freschi come la pelle d’un bambino,
vellutati come l’oboe e verdi come i prati,
altri d’una corrotta, trionfante ricchezza
che tende a propagarsi senza fine – così
l’ambra e il muschio, l’incenso e il benzoino
a commentare le dolcezze estreme dello spirito e dei sensi.
Per capire meglio il senso di angoscia profonda che scatenava un meccanismo di attrazione e repulsione in Baudelaire, ho scelto di riportare l’ultimo dei quattro componimenti intitolati Spleen presenti nella celeberrima raccolta I fiori del male. Il termine è preso dall’inglese, lingua ben nota al poeta, poiché è un “Termine inglese (dal gr. σπλή ν «milza», il cui umore nero, secondo la medicina ippocratica, causava l’ipocondria) che indica uno stato d’animo caratterizzato da malinconia, insoddisfazione, noia e fastidio di tutto, senza una ragione precisa che lo provochi, proprio di molti scrittori romantici e decadenti, soprattutto inglesi e francesi”, come si legge nel vocabolario dell’Enciclopedia Treccani.
Spleen (IV)
«Quand le ciel bas et lourd pèse comme un couvercle
Sur l'esprit gémissant en proie aux longs ennuis,
Et que de l'horizon embrassant tout le cercle
Il nous verse un jour noir plus triste que les nuits;
Quand la terre est changée en un cachot humide,
Où l'Espérance, comme une chauve-souris,
S'en va battant les murs de son aile timide
Et se cognant la tête à des plafonds pourris;
Quand la pluie étalant ses immenses traînées
D'une vaste prison imite les barreaux,
Et qu'un peuple muet d'infâmes araignées
Vient tendre ses filets au fond de nos cerveaux,
Des cloches tout à coup sautent avec furie
Et lancent vers le ciel un affreux hurlement,
Ainsi que des esprits errants et sans patrie
Qui se mettent à geindre opiniâtrement.
- Et de longs corbillards, sans tambours ni musique,
Défilent lentement dans mon âme; l'Espoir,
Vaincu, pleure, et l'Angoisse atroce, despotique,
Sur mon crâne incliné plante son drapeau noir.»
Spleen (IV)
«Quando, come un coperchio, il cielo basso e greve
schiaccia l'anima che geme nel suo tedio infinito,
e in un unico cerchio stringendo l'orizzonte
fa del giorno una tristezza più nera della notte;
quando la terra si muta in umida cella segreta
dove la Speranza, come un pipistrello,
sbatte le timide ali contro i muri
e picchia la testa sul soffitto marcio;
quando le linee immense della pioggia
imitano le inferriate d'una vasta prigione
e, muto, un popolo di ragni ripugnanti
dentro i nostri cervelli tende le sue reti,
furiose a un tratto esplodono campane
e un urlo tremendo lanciano verso il cielo,
che fa pensare al gemere ostinato
di anime senza pace ne dimora
- Senza tamburi, senza musica, sfilano funerali
a lungo, lentamente, nel mio cuore: la Speranza,
Vinta, piange, e l'Angoscia atroce, dispotica,
pianta, nel mio cranio riverso, il suo vessillo nero.»
Questi versi alessandrini evocano un’angoscia profonda che spesso all’epoca, nell’ambiente bohémien, si cercava di mitigare non solo attraverso la poesia, ma anche per mezzo dell’assenzio... Puro. Charles Baudelaire morì a soli quarantasei anni di delirium tremens, già mezzo paralizzato a causa dell’abuso dell’alcol e delle droghe.
Se per Baudelaire la passione riguardava lo stile di vita, la ribellione contro le autorità e la sua tormentata storia d’amore con la bella mulatta Jeanne Duval, per Verlaine e Rimbaud era il fulcro dei loro incontri, assai illegali per il periodo in cui vivevano. Verlaine aveva ventisette anni, era sposato e in procinto di diventare padre quando perse la testa per il diciassettenne Arthur Rimbaud. Verlaine dovette scontare anche un paio d’anni di carcere per aver sparato al giovane Arthur durante una litigata, fomentata dall’assenzio. La loro storia venne così alla luce e per la famiglia Verlaine e per la madre di Rimbaud fu un trauma mai superato. Ma chi era Rimbaud? Giovane ribelle, scrisse poesie solo durante gli anni del liceo, durante il quale vinse dei premi letterari. In seguito, fu renitente alla leva, motivo per cui scappò dalla Francia e visse fra la penisola arabica e l’Africa negli ultimi undici anni della propria breve vita. Più dichiaratamente omosessuale rispetto a Verlaine, nell’ultimo anno di vita, malato di sinovite, in piena contraddizione con sé stesso, forse per cercare una qualche stabilità, scrisse più volte alla madre di cercarle una brava ragazza in Francia, dove sarebbe tornato per accasarsi e per curarsi. La malattia genetica, però, divenne grave a tal punto che, una volta tornato nella madrepatria, Rimbaud fu ospedalizzato in Provenza, senza mai più rivedere la nativa Charleville, nelle Ardenne. Un destino non molto differente da quello di Verlaine, che morì cinquantunenne, nella nativa Parigi, a differenza di Rimbaud, ma a sua volta a causa degli eccessi di una vita intera.
I suoni nasali nell’originale francese contribuiscono a creare l’atmosfera di angoscia e malinconia (spleen) che l’autunno suscita nell’animo del poeta.
Voyelles
Presenza e assenzio
Charles Baudelaire (1821-1867), Arthur Rimbaud (1854-1891), Paul Verlaine (1844-1896) e Stéphane Mallarmé (1842-1898) sono i nomi più noti di questo gruppo di poeti francesi che raccontavano il dolore più profondo, o spleen, e la loro aspirazione verso l’idéal, una quasi sempre illusoria condizione di pace assoluta raggiungibile solitamente con l’assenzio. Vediamo più da vicino i primi tre.
Charles Baudelaire
La ribellione nei confronti dell’autorità in generale, e in particolare di quella del patrigno, il generale Aupick, la partecipazione alle barricate di Parigi prima che Haussmann fosse incaricato di spianare e costruire i grandi boulevards, la passione (anche) per l’esotico, lo stare nel qui e ora, l’arte e la poesia sono stati gli ingredienti della vita di Charles Baudelaire.
Nato a Parigi il 9 aprile 1821, Baudelaire non ricevette mai l’intero patrimonio del padre, morto quando il poeta aveva sei anni, perché la madre aveva fatto nominare un curatore che gli centellinasse le entrate, sapendo che altrimenti il figlio avrebbe sperperato il patrimonio di famiglia. Fu poeta, traduttore dall’inglese e critico d’arte, ma spendeva i pochi soldi che aveva nelle droghe, nell’assenzio, per le donne... A proposito: una donna sola riuscì a tenergli testa per diversi anni, Jeanne Duval, una mulatta nota al tempo per la sua bellezza e per la sua straordinaria storia e cultura. I due amanti si presero e si lasciarono diverse volte, proprio per il reciproco carattere estremamente passionale e volubile.
Jeanne Duval disegnata da Charles Baudelaire.
La Natura è un tempio dove incerte parole
mormorano pilastri che sono vivi,
una foresta di simboli che l’uomo
attraversa nel raggio dei loro sguardi familiari.
Come echi che a lungo e da lontano
tendono a un’unità profonda e buia
grande come le tenebre o la luce
i suoni rispondono ai colori, i colori ai profumi.
Profumi freschi come la pelle d’un bambino,
vellutati come l’oboe e verdi come i prati,
altri d’una corrotta, trionfante ricchezza
che tende a propagarsi senza fine – così
l’ambra e il muschio, l’incenso e il benzoino
a commentare le dolcezze estreme dello spirito e dei sensi.
«Quand le ciel bas et lourd pèse comme un couvercle
Sur l'esprit gémissant en proie aux longs ennuis,
Et que de l'horizon embrassant tout le cercle
Il nous verse un jour noir plus triste que les nuits;
Quand la terre est changée en un cachot humide,
Où l'Espérance, comme une chauve-souris,
S'en va battant les murs de son aile timide
Et se cognant la tête à des plafonds pourris;
Quand la pluie étalant ses immenses traînées
D'une vaste prison imite les barreaux,
Et qu'un peuple muet d'infâmes araignées
Vient tendre ses filets au fond de nos cerveaux,
Des cloches tout à coup sautent avec furie
Et lancent vers le ciel un affreux hurlement,
Ainsi que des esprits errants et sans patrie
Qui se mettent à geindre opiniâtrement.
- Et de longs corbillards, sans tambours ni musique,
Défilent lentement dans mon âme; l'Espoir,
Vaincu, pleure, et l'Angoisse atroce, despotique,
Sur mon crâne incliné plante son drapeau noir.»
«Quando, come un coperchio, il cielo basso e greve
schiaccia l'anima che geme nel suo tedio infinito,
e in un unico cerchio stringendo l'orizzonte
fa del giorno una tristezza più nera della notte;
quando la terra si muta in umida cella segreta
dove la Speranza, come un pipistrello,
sbatte le timide ali contro i muri
e picchia la testa sul soffitto marcio;
quando le linee immense della pioggia
imitano le inferriate d'una vasta prigione
e, muto, un popolo di ragni ripugnanti
dentro i nostri cervelli tende le sue reti,
furiose a un tratto esplodono campane
e un urlo tremendo lanciano verso il cielo,
che fa pensare al gemere ostinato
di anime senza pace ne dimora
- Senza tamburi, senza musica, sfilano funerali
a lungo, lentamente, nel mio cuore: la Speranza,
Vinta, piange, e l'Angoscia atroce, dispotica,
pianta, nel mio cranio riverso, il suo vessillo nero.»
L’assenzio, dipinto di Edgar Degas, 1875-1876, Musée d’Orsay.
La loro storia è stata messa in scena anche a teatro da Christopher Hampton e al cinema: Poeti dall'inferno (Total Eclipse), film del 1995 diretto da Agnieszka Holland, con David Thewlis nel ruolo di Verlaine e Leonardo DiCaprio nei panni di Rimbaud, e con la medesima sceneggiatura di Hampton.
Chanson d'automne
Paul Verlaine
Les sanglots longs
des violons
de l’automne
blessent mon coeur
d’une langueur monotone.
Tout suffocant
et blême, quand
sonne l’heure,
je me souviens
des jours anciens
et je pleure.
Et je m’en vais
au vent mauvais
qui m’emporte
deçà, delà,
pareil à la
feuille morte.
Canzone d’autunno
I singhiozzi lunghi
dei violini
d’autunno
mi feriscono il cuore
con languore
monotono.
Ansimante
e smorto, quando
l’ora rintocca,
io mi ricordo
dei giorni antichi
e piango;
e me ne vado
nel vento ostile
che mi trascina
di qua e di là
come la foglia
morta.
Arthur Rimbaud
A noir, E blanc, I rouge, U vert, O bleu: voyelles,
Je dirai quelque jour vos naissances latentes:
A, noir corset velu des mouches éclatantes
Qui bombinent autour des puanteurs cruelles,
Golfes d’ombre; E, candeurs des vapeurs et des tentes,
Lances des glaciers fiers, rois blancs , frissons d’ombelles;
I, pourpres, sang craché, rire des lèvres belles
Dans la colère ou les ivresses pénitentes;
U, cycles, vibrements divins des mers virides,
Paix des pâtis semés d’animaux, paix des rides
Que l’alchimie imprime aux grands fronts studieux;
O, suprême Clairon plein des strideurs étranges,
Silences traversés des Mondes et des Anges:
– Ô l’Oméga, rayon violet de Ses Yeux!
A noir, E blanc, I rouge, U vert, O bleu: voyelles,
Je dirai quelque jour vos naissances latentes:
A, noir corset velu des mouches éclatantes
Qui bombinent autour des puanteurs cruelles,
Golfes d’ombre; E, candeurs des vapeurs et des tentes,
Lances des glaciers fiers, rois blancs , frissons d’ombelles;
I, pourpres, sang craché, rire des lèvres belles
Dans la colère ou les ivresses pénitentes;
U, cycles, vibrements divins des mers virides,
Paix des pâtis semés d’animaux, paix des rides
Que l’alchimie imprime aux grands fronts studieux;
O, suprême Clairon plein des strideurs étranges,
Silences traversés des Mondes et des Anges:
– Ô l’Oméga, rayon violet de Ses Yeux!
Arthur Rimbaud, Poésies.
Vocali
A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali,
Io dirò un giorno le vostre nascite latenti:
A, nero corsetto villoso di mosche splendenti
Che ronzano intorno a crudeli fetori,
Golfi d’ombra; E, candori di vapori e tende,
Lance di fieri ghiacciai, bianchi re, brividi d’umbelle;
I, porpora, sangue sputato, risata di belle labbra
Nella collera o nelle ubriachezze penitenti;
U, cicli, vibrazioni divine dei verdi mari,
Pace di pascoli seminati d’animali, pace di rughe
Che l’alchimia imprime nelle ampie fronti studiose;
O, suprema Tromba piena di strani stridori,
Silenzi attraversati da Angeli e Mondi:
– O l’Omega, raggio viola dei suoi Occhi!
Vocali
A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali,
Io dirò un giorno le vostre nascite latenti:
A, nero corsetto villoso di mosche splendenti
Che ronzano intorno a crudeli fetori,
Golfi d’ombra; E, candori di vapori e tende,
Lance di fieri ghiacciai, bianchi re, brividi d’umbelle;
I, porpora, sangue sputato, risata di belle labbra
Nella collera o nelle ubriachezze penitenti;
U, cicli, vibrazioni divine dei verdi mari,
Pace di pascoli seminati d’animali, pace di rughe
Che l’alchimia imprime nelle ampie fronti studiose;
O, suprema Tromba piena di strani stridori,
Silenzi attraversati da Angeli e Mondi:
– O l’Omega, raggio viola dei suoi Occhi!
Infine, qui vediamo come le corrispondenze baudelairiane siano state spinte all’estremo: ogni vocale evocata da Rimbaud rimanda a significati attinenti ai più disparati ambiti della natura e della cultura.
Un universo infinito di corrispondenze, suoni e simboli... I miei poeti preferiti.
- Astrid
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